Rinominiamo la realtà con Magritte.

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La chiave dei sogni.

Quest’opera di Magritte mi affascina. Rinominare la realtà! Ma immaginate lo sconcerto che provocheremmo, l’isolamento al quale andremmo incontro? La sorpresa, l’ironia, le sentenze che scateneremmo?! Però saremmo felici di librarci in un mondo tutto nostro nel quale nulla sarebbe scontato ma tutto sarebbe possibile.

Sogneremmo, appunto.

Devi essere un altro tu.

In questo il luogo non c’entra molto, se l’animo non è padrone di se stesso: in questo caso, è capace di trovare solitudine anche in mezzo agli affari; ma chi sceglie i luoghi per trovare pace, troverà vincoli dappertutto. A un tale che si lamentava che le passeggiate non gli erano giovate per niente, Socrate rispose: “Ti sta bene, perché passeggiavi in compagnia di te stesso”. Quanto bene farebbero alcuni ad andare lontani da se stessi! Si vessano, si angosciano, si corrompono, si spaventano da soli. A che serve passare il mare e cambiare città? Se vuoi sfuggire a quello che ti tormenta, non devi essere da un’altra parte; devi essere un altro tu. Pensa di essere andato ad Atene, a Rodi; scegli a tuo piacimento la città: che importa quali sono i suoi costumi? Ci porterai i tuoi.

Seneca-Lettere.

 

Devi essere un altro tu! 

È proprio così e si impara ad essere un altro tu . Certo, il percorso è doloroso! Per sfuggire ad un’angoscia devi conoscerla; per metabolizzare un dolore devi provarlo; per sfuggire ad una paura devi esserci caduta dentro, ma si può.

 

Influenze.

empatia

Ho sempre creduto nel potere  delle emanazioni positive. Ci sono persone che ci fanno stare bene, persone la cui vicinanza provoca in noi uno stato di benessere totale. Non parlo del benessere travolgente che suscita l’ amore, ma di quello stato di quiete dell’animo che ci raggiunge quando siamo in compagnia di persone a noi vicine nella condivisione del benessere interiore. 

 Come credo alle energie positive, credo anche, però, nell’influsso malefico delle energie negative trasmesse da alcune persone. Avverto la negatività anche nelle piccole cose e ne ho paura. I cattivi sentimenti influenzano la nostra esistenza in maniera determinante; cambiano il nostro umore, il nostro approccio con la vita, la serenità nelle nostre relazioni.

Lungi da me l’idea che qualcuno possa portare il male, ma ferma la mia convinzione che occorre circondarsi da buoni sentimenti e spazzare via tutto ciò che può recare danno alla nostra tranquillità .

I segnali.

Interpretazione dei segnali.

Difficile vivere in un mondo nel quale i segnali ci inseguono  con ritmo incalzante. Essi obbligano il nostro essere a percorrere sentieri indesiderati.

Cosa fare allora? Ignorarli potrebbe essere una soluzione ma, come tutte le soluzioni ispirate alla fuga, il risultato conseguente lascerebbe insoddisfatti.

Selezionarli, ecco, questa potrebbe essere una buona decisione da prendere ma questa scelta richiede una notevole capacità di scelta ed il selezionarli risulterebbe un atteggiamento produttivo solo se accompagnato da seria capacità di interpretazione.

Ecco, è su questo terreno che occorre soffermarsi con estrema serietà, sull’interpretazione dei segnali e, se si riesce a fare questo, si aprono dinanzi ai nostri occhi scenari inimmaginabili.

Quanta parte della nostra vita si perde nell’indifferenza e nell’approssimazione  quando, invece, il mondo in cui viviamo ci offre infinite possibilità di vita migliore.

I segnali più importanti sono quelli che ci provengono dalla famiglia e dalla natura. E’ su questi terreni che ci giochiamo la qualità della nostra esistenza a livello personale e collettivo.

Il pianto.

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Dipinto di Caterina De Angelis.

E’ strano come con il passare del tempo il nostro rapporto con il pianto muti.

Da bambini piangiamo con maggiore facilità e questo si spiega facilmente.

All’inizio della nostra esistenza il pianto sostituisce la parola, poi diviene sintomo di fragilità interiore, poi si associa a vissuti particolari. Piangiamo per il dolore fisico, morale, per gioia, in preda a forti emozioni.

Anche gli animali piangono, ma esclusivamente per cause fisiologiche quale la necessità di mantenere umido il bulbo oculare; loro non possono manifestare neppure il dolore interiore, se lo tengono dentro e pochi sanno leggere nel loro sguardo.  Solo noi umani piangiamo in associazione con spinte emotive.

Da adolescente piangevo facilmente ed ho continuato a farlo anche da più grande. La mia spiccata sensibilità mi portava ad immedesimarmi in tutte le situazioni più disparate ed il mio Io ancora fragile non reggeva il dolore degli altri. Questa condizione è durata a lungo, perché a lungo sono rimasta nel mio mondo, prendendo dall’esterno solo quanto mi appariva buono, poi…è arrivato il momento in cui ho pianto tanto! Tanto da non farcela più e allora…finalmente sono cresciuta, ho preso consapevolezza del mondo e, lungi dal dichiarare che tutto nella vita è dolore, ho iniziato a fare un’attenta cernita di ciò che si muoveva intorno a me.

Ho preso il bello della vita, mi sono fortificata ed oggi non piango più facilmente. Riservo questo impiego di energie interiori solo a ciò per cui vale veramente la pena spargere lacrime. Ma un grande limite ce l’ho ancora: non posso assistere alla proiezione di “ Bamby” ! Mi dispero ancora. Non mi vergogno delle mie lacrime. Piangere è sintomo di ricchezza interiore.

Wislawa Szymborska

folla

Contributo alla statistica

Su cento persone

che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;

insicuri ad ogni passo
– quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;

buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, bè, forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;

dotati per la felicità,
– al massimo poco più di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;

crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;

degni di compassione
– novantanove;

mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.

Wislawa Szymborska

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-259376?f=a:924>

Se avessi le ali.

Se avessi le ali potrei  guardare dall’alto il mio vissuto.

Sfumerebbero  i dettagli, l’insieme acquisterebbe  corposità nella sua interezza e potrei guardare alla mia vita con distacco.

Se avessi le ali potrei rivolgere lo sguardo dove voglio, potrei  zummare  sugli angoli della mia realtà a mio  piacimento ed alla visione d’insieme potrei  far succedere l’attenzione per il particolare.

Se avessi  le ali potrei  allontanarmi dalla monotonia  della quotidianità ed abbandonarmi al volo libero, verso cieli tersi,  mari tranquilli e libero pensiero.

Se potessi avere le ali, potrei  volare lontano da tutto ciò che non mi appartiene  ed avvertire pienamente il senso della mia esistenza.

Avere le ali mi consentirebbe di rigenerarmi, ma anche, quando lo volessi,  di poter tornare al mio amato nido.

L’improvvisazione.

incertezzaIo non credo che nella vita ci si possa improvvisare. Qualunque scelta si faccia necessita di solide basi sulle quali costruire il proprio avvenire ed indirizzare quello degli altri. L’improvvisazione è sorella dell’approssimazione; accade così che tutti si sentano all’altezza di ogni situazione in un contesto che va sempre più degradandosi. Il nostro è il tempo dell’improvvisazione un tempo in cui poco risponde a verità, in cui impera il ” facciamo finta che…” quel gioco che un tempo da bambini sondavamo le nostre aspirazioni per poi fare le nostre scelte future. Un bel gioco allora, una iattura oggi.

La sfida.

 

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Il vento- Van Gogh

Oggi il vento imperversa potente, testardo, insidioso. Solleva le tende, la polvere; apre sentieri serpentini tra le erbe alte dei prati; rivela luoghi protetti da coltri; arruffa le acque; apre e spalanca porte e finestre; fa traballare, toglie il respiro. Non più a me, però. Lo faceva quando ero piccina; ora, insidia il mio equilibrio, ma invano. Tra me e il vento la sfida continua.

Ci sono azioni che…

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Holsoe.

Ci sono azioni che compiamo nell’arco della giornata che sembrano seguire automatismi inconsci regolati dalle nostre abitudini quotidiane e raramente ci soffermiamo a riflettere su quanto esse siano dettate dalle nostre esigenze interiori. Parliamo, taciamo, entriamo, usciamo,guardiamo, vediamo, sentiamo, ascoltiamo, apriamo, chiudiamo ecco…sì…apriamo, chiudiamo, spalanchiamo, socchiudiamo le nostre finestre ad esempio. Mi affascina questa idea, la metafora che la finestra rappresenta  mi emoziona.

Ecco, adesso gli scuri della finestra che ho di fronte sono chiusi; la luce del lume che si trova sulla scrivania sulla quale sto scrivendo delimita il mio spazio lasciando intorno a me la penombra e poi, più lontano, il buio che, accompagnato dal silenzio, aiuta e asseconda i miei pensieri.